Quest’oggi in un programma televisivo si parlava del voto cosiddetto utile.
Provo a dire cosa ne penso.
In una situazione normale, civile, il voto non dovrebbe avere bisogno di aggettivi per essere definito compiutamente. Ma tant’è.
Seguendo questo schema definirei il voto in tre modi: quello opportunistico, quello utile per gli altri e quello utile per sé.
Il voto opportunistico è quello dato in previsione di un favore da ricevere; per grazia ricevuta; per una mera appartenenza ad un clan familiare o ad un gruppo di interessi.
Il voto utile per gli altri è quello dato, apparentemente, per favorire il candidato che ha più chances di farcela o per sfavorire il candidato più detestato; in realtà è il voto dato ad un impresentabile che più presto di quanto si pensi presenterà il conto della propria incapacità di amministrare e di tenere unita la coalizione, solitamente eterogenea, che lo sostiene.
Il voto utile per sé è quello dato secondo la libera convinzione che ciascuno di noi si fa ascoltando, parlando, leggendo, informandosi e confrontandosi con gli altri e la propria coscienza. Non importa verso chi è diretto. È questo il voto che mi auguro prevalga, a chiunque vada.